Geraci Siculo, borgo medievale nel Parco delle Madonie

Il nostro consueto tour tra i magnifici borghi della Sicilia fa tappa oggi a Geraci Siculo.

Geraci Siculo è un comune di circa 2000 abitanti situato sul limite orientale della provincia di Palermo, in una posizione strategica che domina gran parte del territorio isolano, dal mar Tirreno alla valle del fiume Imera meridionale, e dalle falde dell’Etna ai monti più alti delle Madonie.

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Il primo insediamento di Geraci può farsi risalire alla metà dell’VIII secolo, nell’ultima fase del dominio bizantino in Sicilia; la prima testimonianza documentaria  risale all’840, anno che, secondo il cronista An Nuwâiri, segnò il passaggio agli Arabi. Durante la successiva conquista normanna Geraci fu uno dei pochi “feudi comitali” presenti in Sicilia, la cui esistenza con una certa continuità si è protratta nel corso del XII e XIII secolo, sotto il possesso ininterrotto di ristretti gruppi familiari quali i Barnavilla e poi i Craon.

Sotto l’imperatore Federico II Geraci fu incamerata dal demanio regio, mentre intorno alla metà del Duecento passò a Enrico, esponente di spicco dei conti di Ventimiglia in Liguria, che sposò l’erede del dominio geracese Isabella di Candida. Nei secoli successivi i Ventimiglia divennero uno dei più rilevanti casati nobiliari siciliani; tra i personaggi più rilevanti vanno menzionati il conte Francesco I, valoroso uomo d’armi e diplomatico al servizio di Federico III d’Aragona, nonché il marchese Giovanni I, primo nobile siciliano a essere onorato di questo titolo;  egli ricoprì diverse cariche pubbliche, e con lui i Ventimiglia raggiunsero l’apice del potere politico e finanziario.

L’assetto urbano di Geraci Siculo ingloba numerose testimonianze architettoniche e artistiche, a cominciare dal castello che ne occupa la sommità; dell’antico maniero, oltre ai possenti muri perimetrali, rimane la cappella palatina, costruita nel 1311 dal conte Francesco I Ventimiglia su una precedente costruzione di età sveva.  

Le quinte della piazza principale sono definite dal settecentesco collegio di Maria e dalla chiesa Madre, il cui impianto basilicale a tre navate del XIV secolo è stato ampliato nei secoli successivi. Essa custodisce innumerevoli tesori d’arte, come la Madonna della Neve della bottega dei Gagini (post 1561) o il coro ligneo con schienali dipinti del 1650; nella cripta sono esposti pregiati oggetti di oreficeria, tra cui spicca il trecentesco reliquiario di San Bartolomeo, di fattura toscana come la bella tela dell’Annunziata, risalente alla fine del XVI secolo e proveniente dal priorato benedettino di Santa Maria della Cava.

La chiesa di San Giuliano fu la prima parrocchia di Geraci, e dalla fine del Quattrocento è stata annessa al monastero delle benedettine, che nel 1505 commissionarono una statua di Santa Caterina allo scultore Giuliano Mancino, tuttora esposta nell’altare maggiore.

A fianco della chiesa è stato recentemente inaugurato “Il Salto del ventimiglia”, un affaccio panoramico verso la vallata orientale, il cui vasto orizzonte giunge fino alle falde dell’Etna. Qui, secondo la trazione storiografica basata sugli scritti del Fazello e di Michele da Piazza, nel 1337 Francesco Ventimiglia, inseguito dalle truppe regie di Pietro II d’Aragona, si lanciò con il cavallo precipitando nel profondissimo dirupo sottostante; oggi, una passerella in vetro, aggettante di circa tre metri dalla parete rocciosa, permette di rivivere metaforicamente il salto nel vuoto del conte di Geraci.

La chiesa di Santa Maria la Porta risale al Quattrocento ed è così intitolata perché adiacente a una delle porte urbane; sul fondo della navata è possibile ammirare l’affresco della Vergine in trono, permeato dalla cultura gotico-internazionale e risalente alla prima metà del XV secolo; la chiesa conserva inoltre raffinate sculture in marmo, come la Madonna col Bambino datata 1475 e riferibile a Domenico Gagini, il portale del 1496 e la grande ancona risalente ai primi decenni del secolo successivo.

Fuori le mura sorge l’antica chiesa di San Bartolomeo, collegata al seicentesco convento degli Agostiniani, che custodisce un notevolissimo trittico marmoreo attribuito alla bottega di Antonello Gagini, con l’apporto dei figli Giacomo, Fazio e Vincenzo, la cui datazione per via degli emblemi araldici dei committenti (Ventimiglia e Moncada) va circoscritta agli anni cinquanta del Cinquecento.

Del tutto singolare risulta la settecentesca chiesa di Santo Stefano, con il suo impianto ellittico con cappelle laterali, mentre nella vallata a ovest dell’abitato sorge il convento dei Cappuccini (giunti a Geraci nel 1689), che oggi ospita il Museo etnoantropologico delle Madonie, l’archivio storico del Comune, nonché l’antica biblioteca dei frati, con oltre 1.500 volumi che datano dal XVI al XIX secolo.

Il territorio di Geraci, prevalentemente montano, è compreso in gran parte nel Parco naturale delle Madonie e presenta un’elevata qualità ambientale, sia dal punto naturalistico che geologico.

 

Dal suolo sgorgano numerose sorgenti d’acqua purissima ed esso è ricoperto di pregiate essenze endemiche quali il faggio, l’agrifoglio, il ginepro, la “rizzidda”, nonché alcune varietà di orchidee selvatiche che a primavera lo punteggiano di colori accesi. Nelle contrade Cixè e Pietra Giordana, tra i 1300 e i 1450 metri di quota, trovano sede “margi e gurghi”, gli ambienti umidi di notevole interesse scientifico che riproducono aspetti simili alle torbiere; inoltre a una quota inferiore, tra Geraci e Castelbuono si estende una lussureggiante sughereta. Tutti questi luoghi, ideali per il pascolo, sono stati da sempre frequentati dall’uomo, come testimoniano i numerosi marcati presenti, cioè i siti attrezzati di ovili in pietra e piccoli fabbricati per la caseificazione.

Giuseppe Antista
Reportage Fotografico Bartolo Chichi 


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