Da Zancle a Messina: a Villa Pace la mostra dei reperti degli ultimi scavi dall’Età Greca al Medioevo

Messina ospita la mostra dei reperti trovati durante gli ultimi scavi che hanno riportato alla luce i segni di civiltà dall’Età Greca al Medioevo.

La mostra “Da Zancle a Messina” a Villa Pace fino al 28 febbraio.

La data esatta rimane un mistero, ma il luogo in cui avvenne la fondazione della città si sa per certo.

Stiamo parlando della nascita di Zancle e del luogo in cui Cumani e Calcidesi decisero di officiare il sacro rito della fondazione di una nuova colonia greca, ovvero tutta la ritualità con cui dichiaravano abitabile una nuova terra.

mostra zancle_massimo mastronardo
fonte instagram

Si tratta di Palazzo Colapesce, proprio nei pressi del porto, quell’insenatura naturale a forma di falce che attrasse i coloni dell’Eubea, un sito in cui i cittadini di Zancle rinnovarono per secoli il cerimoniale della nascita della loro apoikia, come dimostrano i segni evidenti delle libagioni e dei sacrifici perpetrati a perenne memoria del gesto compiuto inizialmente dai fondatori Periere e Cratamene.

Per la prima volta, all’interno della mostra “Da Zancle a Messina” (a Villa Pace fino al 28 febbraio), è possibile ammirare il materiale di quel ritrovamento avvenuto per caso nel 2007, a circa sette metri di profondità, durante i lavori di costruzione di un nuovo plesso abitativo.

La straordinaria scoperta di un profondo e vasto tumulo di terra, pieno di offerte, di resti di pasto, di tracce di fuoco, frammenti di ossa di capretto e di ceramica votiva, fece allora gridare al miracolo, essendo l’unica area sacra di fondazione di una città trovata in tutte le città greche di Sicilia.

L’esposizione, realizzata dalla Soprintendenza ai Beni Culturali, con l’Università degli Studi di Messina, il Museo e la Biblioteca regionali, accende i riflettori sui reperti degli ultimi scavi, divisi per necropoli e abitato, per raccontare la storia millenaria di Messina attraverso centinaia di oggetti e il supporto di validi pannelli esplicativi.

Nella prima sala ecco gli splendidi idoletti a forma di violino di Camaro, una tipologia di raffigurazione che rimanda alle isole Cicladi e al culto della dea madre generatrice, che attesta le frequentazioni degli abitanti dello Stretto con il mondo Egeo già molto tempo prima che arrivassero i Greci nell’VIII sec. a.C. Gli idoletti furono trovati per caso nel villaggio di Camaro Superiore, forse nel sito di un’area sacra e rimandano anche alle pitture della grotta di Levanzo.

Si parla poi della tomba a Tholos trovata ai vecchi “Molini Gazzi” in uno scavo di qualche anno fa, una rara tipologia di tomba con “pseudocupola” a vista, di forma circolare costruita con anelli concentrici e non scavata direttamente nella roccia come le tombe di S. Angelo Muxaro. Il sito della tomba, inoltre, è ben distante dalle necropoli finora conosciute, ovvero gli Orti della Maddalena (tra la via Cesare Battisti, via S. Marta e viale Europa) e il viale Boccetta che cingevano, una a Sud e l’altra a Nord, l’area dell’abitato greco-romano.

mostra_zancle_messina_Sempre in ambito funerario, una tomba di età Mamertina ad Epitymbia, una tipologia di monumento funerario a gradoni con stele a colonne ioniche, in cui era anche evidente il foro da cui i parenti durante i parentalia (i giorni di febbraio dedicati ai defunti) effettuavano le offerte, ma anche i modellini di imbarcazione del III sec. A.C., appartenuti alla tomba di un bambino, o la statua di terracotta di una danzatrice da una sepoltura del II sec. a.C.

Ci sono, poi, tre meravigliosi crateri figurati del V- IV sec. a.C., uno dei quali raffigura il commiato di due soldati prima della guerra, con un bellissimo scudo con occhio di Atena in primo piano.
Una sezione della mostra è dedicata alle epigrafi, con epitaffi funerari, una rara iscrizione dalla scavo di via Geraci, interpretata come una dedica della prima età imperiale romana, probabilmente ad Orione e un cippo miliare di età costantiniana trovato a Pistunina.

Chiudono la mostra i reperti di epoca medievale provenienti dagli scavi della chiesa di San Giacomo con il grande frammento di affresco del XIII secolo, che potrebbe raffigurare lo stesso San Giacomo in veste di pellegrino.


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