Messina festeggia la sua patrona, la Madonna della Lettera.
Il 3 giugno i messinesi celebrano un evento che poche altre città al mondo possono vantare, ovvero un legame speciale con la Vergine Maria, che scrisse loro una lettera pochi anni dopo la morte di Cristo.
Correva l’anno 42 e l’apostolo Paolo di Tarso si era fermato in una località lungo la costa jonica, a pochi chilometri dall’allora Messana, ricca e potente città federata di Roma.
Colpiti dall’annuncio di Paolo, che parlava di Gesù e di Maria ancora vivente in Terrasanta, molti cittadini di Messina si convertirono al cristianesimo e decisero di mandare una delegazione nei luoghi santi ad incontrare personalmente Maria di Nazareth.
I quattro prescelti, Geronimo Origgiano, Marcello Bonifacite, Brizio Ottavio e il Centurione Mulè, secondo la tradizione, videro Maria il 3 giugno del 42 e ricevettero da Lei una lettera in ebraico, arrotolata e chiusa con una ciocca dei suoi capelli, in cui la Madonna prometteva perenne protezione alla città e ai messinesi, come recita la stele all’ingresso del porto.
Nei secoli si narra dell’apparizione di una Dama Bianca sul Colle della Capperrina durante la guerra dei Vespri, di due icone della Madonna giunte miracolosamente sulla spiaggia e poi collocate nelle chiese di Dinnamare e Badiazza, e di velieri carichi di grano comparsi misteriosamente durante le più terribili carestie.
La lettera originale venne sottratta alla furia delle persecuzioni cristiane, ma non sfuggì alle tragedie che colpirono la Cattedrale e, probabilmente, andò dispersa nel primo incendio che distrusse la chiesa nel 1254 durante i funerali di Corrado IV.
La reliquia della ciocca della Vergine, invece, ancora oggi, è custodita nel museo del Tesoro del Duomo, in un reliquario argenteo che viene montato sulla varetta della Madonna della Lettera per la processione del 3 giugno. Nella stessa giornata si procede ad un altro rito secolare: la Manta d’Oro, opera di raffinata oreficeria seicentesca, viene posta sull’altare principale della Cattedrale su un quadro di ispirazione bizantina.
Dallo spagnolo “manta” (coperta), la Manta, opera dell’orafo fiorentino Innocenzo Mangani, è una grande lastra in oro sbalzato, cesellato e inciso che copriva un tempo l’icona bizantina dell’altare maggiore con Madonna e bambino, distrutta dalle bombe incendiarie della Seconda Guerra mondiale.
La Manta sfoggia ancora i preziosi monili (anelli, spille, medaglioni, orecchini, croci pettorali e corone) che nei secoli furono donati dai cittadini e da regnanti come ex-voto, oggi ancora più luminosi dopo il recente restauro che la Curia ha affidato agli esperti Sante Guido e Giusi Larinà.
L’iconografia della Madonna della Lettera ricorre in tante opere pittoriche, è presente nel meccanismo del Campanile del Duomo, ha dato vita nei secoli a tante Congregazioni a lei dedicate e ha, inoltre, alimentato l’uso dei medaglioni ombelicali che venivano poggiati sull’ombelico del neonato per evitare la formazione di ernie.